CA' BEPIN e i BETHARRAMITI A COLICO

LE UMILI ORIGINI DI "Cà BEPIN"

I Betharramiti giunsero per la prima volta in Valtellina nell’agosto del 1904, ma soltanto temporaneamente: i precursori erano due francesi, padre Armand Audin e padre Léon Marque, espulsi da Bétharram per via delle leggi anticlericali e venuti a cercare spazi di apostolato nell’ex convento francescano di Traona, grazie ai buoni uffici di don Luigi Guanella. Il drappello dei francesi, che alla fine (tra sostituzioni e avvicendamenti) comprese in totale 9 sacerdoti e un fratello, rimase 7 anni, lasciando in tutta la Valtellina – così dicono le cronache – un buon ricordo come predicatori e la fama di saper scacciare la grandine dai raccolti e le formiche dalle case con una benedizione. In quel breve periodo i betharramiti reclutarono alcuni ragazzi desiderosi di diventare preti come loro; li mandarono in Belgio, nel loro seminario minore, e qualcuno perseverò negli studi (in Palestina e in Spagna) fino a diventare sacerdote. Il primo italiano seguace di san Michele fu padre Giuseppe Acquistapace (1884-1942), originario di Gerola, che fu ordinato prete nel dicembre 1915 e venne subito inviato in Argentina; di lui si dice che non era un intellettuale ma godeva di grande carica umana, era un moderato e un pacificatore di natura.

Nella foto i primi Apostolini davanti a Cà Bepin con Don Giovanni Battista Comitti    


Il secondo fu Giovanni Bisio (1894-1981), tutto il contrario di carattere: nervoso, irruente, a volte persino aggressivo nei modi. Nato a Buenos Aires nel 1894 da emigranti italiani, aveva probabilmente conosciuto laggiù i «padri bayonesi», come erano chiamati i preti del Sacro Cuore in Argentina; poi, ancora bambino, era rientrato in patria (precisamente a Rho) al seguito della famiglia e – volendo diventare prete - aveva naturalmente scelto i betharramiti; ebbe però il noviziato e gli studi teologici interrotti dalla guerra e venne ordinato sacerdote solo nel 1925 a Lourdes, essendo poi designato per il reclutamento dei seminaristi italiani: che veniva a prendere accompagnandoli personalmente in treno – ragazzini che mai si erano mossi da casa! – fino a Bétharram e Mendelu, in Spagna appena oltre il confine.
Ma non poteva continuare così. 

Un gruppo di Apostolini nel cortile interno di Cà Bepin

E proprio a Lourdes a metà degli anni Venti padre Bisio s’imbatté nel pellegrino don Giovanni Battista Comitti, parroco di Villatico di Colico, e costui – che era stato molto amico anche dei betharramiti francesi di Traona – ebbe l’idea di riportare in Italia i preti del Sacro Cuore: italiani, questa volta. Detto fatto: don Comitti si interessò ma non trovò altro che umidi («Non smettono di trasudare nemmeno quando fa caldo») e poveri locali dietro la chiesa di San Bernardino a Villatico, anche lì un antico ex convento che sull’altra ala del cortile ospitava un’osteria. In quel luogo, la “Ca’ Bepin” poi divenuta mitica, l’11 febbraio 1928 vennero accolti i primi piccoli seminaristi, forse 5. Oggi all’ingresso di quel cortile l’amministrazione comunale, con la collaborazione del Rotary Club di Colico e del Museo contadino, ha voluto una targa commemorativa:

«In questa casa, un tempo osteria di paese, per interessamento del parroco di Villatico don Giovanni
Battista Comitti, l’11 febbraio 1928 i Preti del Sacro Cuore di Gesù aprirono il loro primo seminario italiano, dal quale sono uscite le primizie di 150 sacerdoti e religiosi missionari in Italia e nel mondo…».

inaugurazione della targa posta all'ingresso del cortile di quella che fù Cà Bepin


Ma era una sistemazione molto provvisoria e nemmeno troppo adatta, come racconta uno del secondo gruppo di aspiranti betharramiti italiani, il futuro padre Lino Illini senior (1916-2011), arrivato a Colico l’8 dicembre 1928 alle 15: «Fui accolto a braccia aperte da padre Bisio, tipo nervoso ma con cuore di mamma. Mi attendevano già 6 apostolini: due di Rho, Zappa Silvio (morirà nel 1938 seminarista a Betlemme, a soli 21 anni) e Uboldi Alberto; due di Piantedo: Gobbi Lino (poi divenuto passionista) e Rosatti Enrico (o forse si chiamava Rossotti Giacomo: qui la memoria manca, ndr); uno di Melegnano, Marzani Giuseppe, e con me un altro di Isolaccia, Giovanni Trameri (che divenne procuratore e poi superiore generale della congregazione)». Sono stati i primi “apostolini” betharramiti italiani. La vita era semplice e dura: sveglia alle 5 del mattino, studio dalle 6.30 quindi messa nella vicina chiesa parrocchiale e scuola; le lezioni erano tenute dai due padri stessi. Nel pomeriggio ancora studio e il rosario, di nuovo in chiesa; riposo alle 21. «I nostri svaghi consistevano nelle escursioni a San Rocco, al Forte di Fuentes, al lago – rammentava ancora padre Illini -. Ricordo che in refettorio c’era sempre lettura, tranne la domenica».

Gruppo di Apostolini in "gita" al Forte di Fuentes  

La Scuola Apostolica Santa Teresa del Bambin Gesù in una cartolina dell'epoca

la nuova casa "santa teresa
del bambin gesù"

Già a luglio 1929, per mancanza di spazio, 5 dei primi seminaristi furono trasferiti a Bétharram, accompagnati da padre Bisio. In settembre ne arrivarono 7 nuovi: dalla Valtellina, dal lago e persino un sardo. Nel 1931 giunge a dar man forte dall’America padre Cirillo Lazzeri, originario di Semogo (So), «nobile figura di ufficiale combattente, medaglia d’argento e mutilato», nominato superiore e rettore. Toccò a lui studiare il progetto per una nuova costruzione, per la quale volle ricopiare il modello del seminario di Santa Teresa del Bambin Gesù esistente a Rosario, in Argentina.
Fu dunque costituita la società «Bel Ramo» che acquistò per 31.000 lire (equivalenti a circa la stessa cifra in euro di oggi: ma all’epoca Colico era ancora mezzo spopolata e i terreni si vendevano a buon prezzo) metà della proprietà della signora Marietta Canclini in località Campione di Villatico, «ubicazione fortunatissima e opportunissima» (così il dépliant stampato per l’inizio dei lavori).

24 maggio 1931 - La posa della prima pietra

Il 24 maggio 1931, festa di Pentecoste nonché anniversario patriottico dell’ingresso nella Grande Guerra, con una solenne processione partita dalla chiesa di San Bernardino il vescovo di Como monsignor Alessandro Macchi pose la prima pietra della nuova
Scuola apostolica “Santa Teresa del Bambin Gesù”; una «gloriosa giornata» - come disse un testimone – con tanto di banda, archi di trionfo nelle strade, le bandiere delle nazioni dove la congregazione era presente…
Ma, dopo la festa, arrivarono presto le grane… La nuova costruzione, affidata all’impresa del giovane e capace capomastro locale Elvezio Corti, cresce veloce e – grazie anche alla collaborazione della gente del posto che scavava dal torrente Inganna e dall’Adda sassi e sabbia poi trasportati al cantiere a dorso di mulo - già il 3 ottobre 1931, festa della patrona della casa santa Teresina, l’assistente generale padre Eugène Suberbielle poteva celebrare la prima messa nella cappella della nuova residenza «che domina il lago con una grazia e bellezza di linee e di forme che attirano gli sguardi»,
davanti a un folto gruppo di colichesi e assistito da numerosi parroci dei dintorni.

Attività sportiva nel campo da calcio sottostante la casa

Però improvvisamente qualcosa succede: la casa appena inaugurata rischia addirittura di essere chiusa! Nel diario della residenza si trova annotato: «Sorgono difficoltà non poche ed aspri dibattiti con
l'ingegnere e il costruttore». A dirimere la questione, in un primo momento viene chiamato il vescovo di Como. Nel settembre 1932 il superiore e il capomastro sono costretti addirittura a recarsi a Bétharram per offrire le loro spiegazioni, ma non vengono accolti troppo bene. Dopo varie vicissitudini e cambi alla guardia, i problemi si risolvono e la casa continua la sua attività educativa. Nell’immediato dopoguerra al seminario si aggiunge la scuola “laica”. La casa cambia pure l’intestazione: da seminario Santa Teresa a collegio Sacro Cuore, la cui grande statua è collocata nella nicchia sulla facciata al posto di quella della santa di Lisieux.

La costruzione del nuovo corpo con i primi tre piani.

Nel 1959 comincia (sempre affidata al fedelissimo impresario Elvezio Corti) la costruzione del nuovo corpo - dapprima su tre, poi su 5 piani - che comprenderà palestra, refettorio, una nuova grande cappella, tante aule, la sala professori, gli uffici e i dormitori.
Gli alunni conoscono una crescita esponenziale: la residenza di Colico offre infatti la prima scuola media in tutto il territorio e poi un istituto tecnico per geometri (avviato nel 1967).
Con il passare degli anni però ormai ogni località possiede la sua scuola media statale e diventa arduo tenere aperta quella del collegio, che infatti nel 1995 cessa l’attività, seguita nel 2002 dalla chiusura anche del corso per geometri, che in 30 anni ha diplomato 743 giovani. Quanto al collegio, nel 2004 l’edificio viene venduto al Comune, che nel 2019 vi ha inaugurato un modernissimo polo scolastico in cui si radunano tutti gli alunni della primaria e della secondaria inferiore delle varie località in cui è disperso il territorio; il vecchio seminario – quello del 1931 – anche per il vincolo storico delle Belle arti attende invece un futuro.