Il viaggio crea aspettativa, porta conoscenza e lascia ricordi.....
Il museo contadino espone alcune opere in omaggio alla creatività di Marialuisa Sponga 1942/2015:
Sculture mobili " Trappola per la breva" e " Mobiles di luce" Anno 2010
posizionate nel cortile adiacente al museo. Espone nella vetrina della sala ingresso alcune opere tessili donate al museo, con le sculture, dal marito Giancarlo.
Chi è Marialuisa Sponga?
è una protagonista della Fiber Art italiana e internazionale, fa dialogare le materie naturali con quelle industriali da riciclare, creando opere flessibili polimateriche di grandi dimensioni e di grande impatto visivo.
Il suo interesse per l’arte tessile nasce intorno agli anni settanta ma è nel 1982 che, nello spirito della Fiber Art inizia una attiva ricerca di sperimentazione e manipolazione dei materiali flessibili ed approda alla realizzazione di arazzi contemporanei, sculture, libri d’artista, con la tecnica dell’assemblage e l’uso non tradizionale della macchina da cucire.
Polietilene, cellophane, metalli, reti, filati e tutto ciò che è flessibile, sono i materiali con i quali si esprime realizzando opere polimateriche e tridimensionali.
Un’altra serie è quella costituita dalle piccole sculture dove scompare il tema narrativo e si afferma la propensione a un approccio neo-costruttivista. Tra oriente e occidente, il lavoro su piani e solidi geometrici assume il motivo di partenza in una costruzione logica serrata. La semplicità e la fragilità del materiale prescelto, spesso costituito da frammenti di natura o da semplici carte, assume, anche nelle piccole dimensioni, una “monumentalità” classica perché basata su una struttura sempre esibita nella sua nuda bellezza e in cui l’”ornamento” si intreccia in un rigoroso controllo formale
Gabriella Anedi de Simone
Le opere di Marialuisa sono presenti in Collezioni Pubbliche e Private, tra cui il Museo Guttuso di Bagheria (Palermo), Centro studi e Archivio della Comunicazione di Parma, la Fondazione Toms-Pauli di Losanna (Svizzera) oltre alle Civiche Collezioni di Chieri (Torino), Lecco e Samugheo (Cagliari). Ha esposto in molte città Italiane ed in Francia, Spagna, Svizzera, Germania, Belgio, Olanda, Austria, Inghilterra, Svezia, Lituania, Giappone, Corea, Cina, Messico, USA, Canada, Australia.7
Tutte le definizioni apparse sino ad oggi della parola “macramè” concordano unanimamente sulla sua origine araba.
Lavorazione ripresa dai marinai, imbarcati sui velieri, durante le lunghe traversate che potevano durare anche mesi, trascorrevano le forzate ore di ozio mettendo in pratica questa tecnica e creando tessuti, amache, copribottiglie, cinture, borse con fili di corda annodati; usavano poi questi manufatti come “moneta sonante” per pagarsi vitto e alloggio nel paese in cui sbarcavano: era dunque merce di scambio.
Giunta in Italia, questa tecnica passò dalle mani degli uomini a quelle delle donne che la raffinarono usando fili sempre più sottili, fino a far diventare i lavori delle trine preziose.